Molti sanno che, al fanciullo romano di nove anni, veniva regalata la “bulla”, un porta-amuleti che avrebbe portato sino al compimento dei sedici anni, che delineava- al tempo- il passaggio all’età adulta.
Un popolo per certi versi strano, quello romano, che faceva indossare ai propri figli questo originale contenitore in metallo nobile, all’interno del quale si sarebbe potuto trovare anche qualche “cornetto”… che, nonostante oggi lo si pensi frutto dell’inventiva partenopea, effettivamente faceva parte della tradizione romana; lo stesso popolo, quello romano, che era abituato a scandire il passaggio all’età adulta anche con la quasi necessaria predisposizione di un testamento, una pratica estremamente importante, e per certi versi considerata sacra, tanto da giustificare la conservazione di tale documento (sotto forma di tavolette cerate sigillate), presso il Tempio di Saturno, dove era parimenti collocato l’Erario dello Stato.
Probabilmente, in un periodo in cui i viaggi erano sicuramente più rischiosi rispetto ad ora, il servizio in armi per la Repubblica … non solo una “formalità”, e la vita tendenzialmente meno lunga e parecchio meno facile anche per le classi più agiate, chiunque- sia patrizio, che plebeo- era portato a non lasciare al Fato l’arbitrio di disporre anche della propria eredità, vista- questa- non solo come un “fatto puramente patrimoniale”, ma anche come un “assetto valoriale”, e pertanto “sacer” (sacro).
C’è una cosa che in passato non mancava di stupirmi: mentre, allora, un popolo così superstizioso come quello romano, dove i componenti delle classi abbienti nemmeno uscivano di casa senza aver prima consultato gli aruspici, comunque considerava la predisposizione del testamento come un fatto apotropaico (inteso semmai a scacciare il malocchio, non ad attirarlo!), oggi, i componenti di una società secolarizzata, come quella italiana, e semmai pervasa da positivismo tecnicista, risultino così “fatalisti”, quando si parli di passaggio del patrimonio, e superstiziosi ai limiti della parossismo quando si parli di predisposizione del testamento!
Avremo sicuramente modo di conversare con i nostri Lettori, durante gli eventi formativi, delle questioni tecniche riguardanti l’opportunità di pianificare ed ottimizzare fiscalmente il processo ereditario, cercando di “generare valore” invece di “creare problemi e disuguaglianze non volute”, ma- secondo me- un modo per uscire dal “vortice di abitudini senza senso” a cui prima alludevo potrebbe essere quello di ritornare con la memoria all’esempio di coloro che hanno saputo trasformare il testamento nell’ultima, magari estrema, possibilità di …”parlare alle altre generazioni”, un’azione che in una società come la nostra, dove imperversano solo messaggi brevi e telefonate, sembra si fatichi sempre di più a fare.
A cura di Paolo de Zorzi, patrimonialista – membro fondatore di Pacta Network.